Redazione Online
Nel 2012 sono state monitorate 125 società partecipate rispetto alle 163 del 2011 di cui 55 riconducibili a operazioni dei fondi istituzionali (erano 45 nel 2011) e 70 di investitori informali (116 nell’anno precedente). Da sottolineare un dato importante: mentre nel 2011 si marcava nettamente la separazione tra attività dei venture capitalist e quella dei business angels, nel 2012 c’è un exploit del numero di operazioni in cui si vede la loro contemporanea presenza. Nel 2011 erano infatti solo 9 le operazioni in cui erano presenti entrambe le tipologie di investitori, questo dato è quasi raddoppiato nel 2012 arrivando a 14. Il numero sale ulteriormente a 24 se si considerano poi le operazioni già in portafoglio a uno dei due operatori e in cui è entrato anche l’altro investitore.
«La rete dei business angels è internazionale», dice Tommaso Marzotto Caotorta, Segretario Generale IBAN, e si sta sempre più consolidando. La cooperazione tra noi e con altri attori della filiera del venture capital consente di investire insieme con importi superiori per progetti innovativi e meritevoli. Le nuove norme fiscali e amministrative per chi come noi, investitori informali, fornisce aiuto a startup di qualità in Italia e nel mondo, potranno aiutare molto le nostre operazioni».
Investimenti
Nel mercato dell’early stage, nel 2012, esclusi gli operatori pubblici e i follow on, si registra un ammontare investito totale di 80 milioni di euro di cui 50 milioni di euro da parte degli operatori istituzionali e 30 milioni di euro da parte dei business angels. Mentre i fondi aumentano gli investimenti nelle aziende, i business angels segnano un -40%. Se però nell’ambito delle operazioni si registra una riduzione da parte degli angels, l’ammontare dell’investimento medio è in crescita, raddoppiando: si è passati, infatti, da una media di 180.000 euro per operazione, nel 2011, a 360.000 euro del 2012.
Il venture capitalist continua a investire ma si sta orientando più verso operazioni di seed capital che comportano una riduzione del taglio medio dell’investimento da un milione di euro a circa 800.000 euro; il dato medio dell’intera filiera dell’early stage è invece di circa 650.000 euro per lo più dovuto ad alcune grandi operazioni.
«In un mercato in rapida evoluzione, notevoli sono gli spazi per l’early stage italiano. La crescente collaborazione tra angels e fondi è un punto di partenza: nelle Università e nei centri di ricerca è obbligatorio rivolgere la propria attenzione”, sostiene Jonathan Donadonibus, responsabile dell’Osservatorio VeMTM della LIUC. «Se l’80% delle aziende in cui si è investito è di iniziativa privata, gli spin off universitari rimangono ancora residuali con una quota del 10% dell’intero mercato».
Per quanto riguarda la geografia degli investimenti, a livello aggregato, la Lombardia cattura il 33% del mercato mentre al Sud si vede ancora poca attività. Da sottolineare come i business angels continuano a focalizzarsi prevalentemente su Lombardia, Toscana e Piemonte mentre i venture capitalist hanno guardato con molto interesse anche al Sud, per circa il 35% dei loro investimenti.
Sui settori di investimento, l’ICT è primo per interesse con il 44% del mercato (il venture capital da solo supera per il 50% del totale), soprattutto nelle applicazioni web e mobile. I business angels continuano a investire molto nel settore energia e ambiente, seguito da ICT e da med tech; comparti in cui sembra che i venture capitalist abbiamo ridotto nel tempo il loro interesse. Francesco Torelli, Studio Legale Bird & Bird, evidenzia come
«Il 20% degli investimenti effettuati sia dagli angels sia dai fondi è stato in startup innovative. Il dato è interessante e testimonia il riscontro positivo degli operatori nel settore della nuova tipologia di società, soprattutto se si considera che la legge che ha introdotto le startup innovative nel nostro ordinamento è in vigore solamente da fine 2012 e che non sono ancora operativi i relativi incentivi fiscali».
Lunedì 8 luglio 2013
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